Considerazioni e... puntate precedenti

Ecco, come al solito. Non ho mai tempo di postare in santa pace. Ho appena finito di reinstallare il software Nokia per la connessione tramite cellulare e ho i nervi a fior di pelle. Devo farmi la barba (spero di svegliarmi presto domani mattina, almeno alle 7) e un comunicato per la Maria del Porto... Intanto gli appunti sono ancora lì che mi guardano. Riesco solo a rivederli, ma non a copiarli. E le dispense? Quando le leggerò? Per non parlare dei libri... Almeno, ed è confortante, la voglia di apprendere c'è, la motivazione anche e, per fortuna, l'attenzione in classe e la comprensione conseguente per adesso mi hanno assistito. Non sono mai stato uno scolaro modello. L'intelligenza mi ha sempre aiutato fino ad ora, ma per questa esperienza milanese conta ben altro: l'impegno, la costanza, la voglia di mettersi in gioco, la fatica e il sudore dello studio. Per adesso il piede è quello giusto. Spero e credo di poter continuare di questo passo. Svegliarmi la mattina ogni giorno alle 7,30 non mi pesa. Latte, caffè, 5 biscotti "Oro Saiwa". Doccia, breve passata di mocho ai piedi della vasca, scelta dell'abbigliamento e subito in strada, nella foschia e il gelo milanese per prendere il 95 da piazzale Siena.

Devo dire che il primo giorno (quello della presentazione - saluti - inzione di fiducia - appartenenza alla grande famiglia del Sole) me la sono proprio goduta. Era proprio come me lo aspettavo. Abito grigio, camicia azzurra e cartellina in mano. Quella che avevo preparato con tanta cura fin da una settimana, quella acquistata quasi per scaramanzia. Uscito dalla metro, una rapida controllata al nodo della cravatta e, impettito come mai, ho varcato la soglia della mitica sede di via Monte Rosa 91. Eppure solo la settimana precedente ero in preda al panico in ricerca di una casa, una stanza, un buco per dotarmi almeno di tetto e cucina. Tre giorni tre in cui momenti di esaltazione e sconforto si sono alternati. Case, se così possiamo chiamarle, cercate, viste, rincorse, sezionate, scartate. Speranze di monolocali a basso prezzo. Alla fine la casa di legno. Una sistemazione simile ad una baita ma nel cortile di un palazzo in zona Gambara. La compagnia è ottima. Sono con Gian Marco, barlettano e ambizioso come me, Enza (ligure) e Claudio (siciliano).


Da quel lunedì molto è cambiato. Innanzitutto può capitare di fare "team building" in un centro sportivo di San Donato e incrociare un bel daino che ti guarda con i suoi occhioni teneri capaci di far intenerire perfetti sconosciuti di 25 anni di media che di fronte a tanta bellezza di sono aperti a commenti dolcissimi quanto imbarazzati. Oppure di correre come scalmanati alla ricerca di una busta o di una lettera (mitico orientireeng), o di interpretare le statue di chi non si è ma, forse, si vorrebbe essere. Di fidarsi di persone sconosciute, di far coincidere i propri obiettivi con quelli del resto del gruppo, di mettersi in gioco, di non vergognarsi, di aprirsi e di darsi.

Ecco, aprirsi. Aprire la propria mente a nuovi orizzonti, nuove espressioni e nuovi modi di essere sempre sè stessi. Non interpretare altro, ma essere altro. Non provare ma riprovare. A qualcuno l'ignoto non piace, spaventa. Il buio accecca più della luce. A me, invece, il buio stimola e risveglia tutti i senti, anche quelli sopiti. Quelli pigri perchè, tanto ci sono sempre gli occhio e a guardare si fa meno fatica. Ma "no pain no gain" (una delle massime di vita che mi sono rimaste dentro in questi giorni - copyright Bruno De Rosa). E quindi bisogna rischiare. Inserirsi in un nuovo gruppo, in una nuova città, in una nuova casa, con persone sconosciute ma con le quali si sa di dover condividere una parte consistente della propria vita è, a volte, avvilente. Ti chiedi quando questa precarietà finirà e lascerà il posto alla sicurezza alla condivisione di ogni attimo con la persona che ami, alla bellezza dell'effimero, del sorriso caldo e avvolgente della persona che è al tuo fianco ora, domani, per sempre. L'unico appiglio a cui puoi aggrapparti è l'impegno. Una nuova esperienza significa una nuova vita. Una rinascita. Ma mai un punto di partenza. Semmai un punto intermedio che gode delle esperienze regresse e si nutre di quelle presenti. Una prova per capire chi sei, qual è la consapevolezza personale che hai raggiunto in questi anni. Quali sono gli errori che ti hanno segnato e come comportarsi per non ricadervi. Quali sono i tuoi punti di forza da esaltare, quali quelli da coltivare. Credo che questa sia la maturazione. Questo significa crescere. Controllare la propria persona, non ripetere pedissequamente comportamenti, ma migliorarsi, sperimentare, provare e adattare. Ogni giorno una sfida, ogni giorno una passione.

Di fondo, una sola regola: sii te stesso. Solo così gli altri potranno apprezzarti.

Gli inconvenienti. Non tutti ti capiscono al primo sguardo. Con qualcuno l'affinità c'è. La comprensione anche. Con qualcun altro devi stare attento. Devi dosare le parole, limitare al massimo le ambiguità che potrebbero offendere, che potrebbero irritare, che potrebbero irretire. Chi sono io per giudicare una persona che non conosco? Come posso coinvolgerla in batture, in scherzi e in giochi se non conosco il suo passato? Come posso capire se un mio modo di comportarmi viene interpretato per quello che è o per quello che non è? Quante interpretazioni può avere una parola, un gesto, un movimento. A volte mi sembra di essere un elefante in una cristalleria. I miei comportamenti diretti, il mio essere gioviale con tutti, il mio essere fiducioso in tutti è stato più volte punito. Ma io sono sempre lo stesso. Più accorto, forse più prevenuto, ma mai chiuso, mai anteponendo interessi momentanei ai miei valori.

Il compito di essere me stesso, devo dire la verità, è stato avvantaggiato dall'aver trovato un ottimo gruppo, una classe davvero saltante dal punto di vista conoscitivo quanto quello formativo. Tutti diversi, tutti provenienti da realtà e da esperienze diverse. Abbiamo molto da insegnarci, molto da osservare e da imparare l'un l'altro.

Saprò io osservare? Saprò attingere a questo patrimonio immenso?

Fino ad ora, la soddisfazione di aver imparato, o meglio, capito, concetti di economia aziendale fino ad ora a me estranei mi rincuora. Mi sorprende anche la predisposizione positiva nella classe docente da me sempre malamente bistrattata. Fino ad ora gli "economi" si presentano anche come maestri di vita. Le loro esortazioni trovano in me fertile terreno. Ma sono sicuro che quando arriveranno in comunicatori, quelli veri, il registro cambierà e si ritornerà al vecchio ritornello: quant'è dura fare il comunicator...

Commenti

  1. wow savio..nlla veste saggia e seria non ti ho mai visto...ahaah
    ciao amico mio!

    RispondiElimina

Posta un commento